Disabili e lavoro, le sfide dell’inclusione aziendale secondo Deloitte

Il rapporto Disability Inclusion @ Work 2024 di Deloitte evidenzia quanto sia ancora necessario fare per garantire inclusione e accessibilità nei luoghi di lavoro a livello globale

Di Arianna De Felice

Ricerche e Pubblicazioni - Pubblicato il 27-01-2025

Bisogna ribadirlo con forza, oggi l'inclusione non è più solo un valore morale, ma è diventata anche una necessità strategica per le aziende. Un ambiente di lavoro inclusivo favorisce il benessere dei dipendenti, stimola la creatività e aumenta la produttività, creando una cultura aziendale capace di attrarre e trattenere i migliori talenti.

Promuovere l'inclusione in azienda significa andare oltre la semplice diversità: richiede impegno, azioni concrete e una leadership consapevole per garantire che ogni individuo, indipendentemente dalla propria identità o background, si senta rispettato, valorizzato e libero di esprimersi. Ma a che punto sono le aziende? Risponde a questa domanda è il rapporto Disability Inclusion @ Work 2024: A Global Outlook di Deloitte Global.

La disabilità sul posto di lavoro a livello globale

L'indagine, svolta su 10.000 intervistati con disabilità, condizioni di salute croniche o neurodivergenti nei luoghi di lavoro di 20 paesi, ha evidenziato che, sebbene quasi nove intervistati su 10 (88%) abbiano scelto di rivelare la propria condizione sul lavoro ad almeno una persona o tramite un sistema informativo delle risorse umane (HRIS) o un programma di autoidentificazione, molti scelgono di non condividerla. Le principali motivazioni di questa scelta sono relative alla preoccupazione di possibili discriminazioni e che la loro progressione di carriera potrebbe essere influenzata. Motivazioni confermate, tra l'altro, dal 21% degli intervistati che, dopo aver rivelato la loro condizione di disabilità, ha avuto esperienze negative in tal senso.

Tra coloro che hanno divulgato la propria situazione, solo il 25% ha richiesto postazioni di lavoro specifiche mentre il 75% si è astenuto dichiarando di non averne bisogno (43%), per evitare che i supervisori percepiscano negativamente la richiesta (20%) o per esperienze passate negative (11%).

Chi invece ne ha fatto richiesta fin troppo spesso l'ha vista respinta per il costo elevato (41%), troppo difficile da implementare (30%) e irragionevole (29%). Le richieste respinte più frequentemente segnalate dagli intervistati sono quelle che probabilmente comportano costi, vale a dire metodi di comunicazione alternativi, accesso a soluzioni software assistive e coaching per problemi specifici. Al contrario, le richieste accettate più frequentemente sono quelle che probabilmente non comportano costi, come lavorare da casa quando necessario, modifiche agli orari di lavoro, pause frequenti e accesso a spazi di lavoro privati. 

Nonostante sia una delle richieste più accettate, il tema dello smart working è ancora molto caldo quando si parla di inclusione. Lavorare da casa è più accessibile rispetto ai locali del datore di lavoro, affermano il 48% degli intervistati, e offre numerosi vantaggi tra i quali rende il lavoro più facile da svolgere (57%), riduce le minacce alla propria salute (55%), fornisce accesso diretto all'assistenza all'interno della casa (46%) e riduce i problemi di discriminazione e molestie (29%). Nonostante questo solo il 9% degli intervistati lavora da casa tutti i giorni mentre il 28% deve concordarlo con i propri superiori, cosa che blocca molti a chiedere lo smart working dato che, per il 22%, il supervisore preferirebbe che lavorassero in ufficio, anche se lavorare da casa è un'opzione.   

L'indagine di Deloitte ha poi evidenziato che il tema delle barriere all'inclusione è ancora fin troppo sentito sia da un punto di vista architettonico che organizzativo. Il 60% degli intervistati ha infatti ammesso di aver perso un evento o una riunione sul posto di lavoro a causa della mancanza di accessibilità. Le barriere più comuni sono state i bagni inaccessibili e la mancanza di pause nell'ordine del giorno. 

Anche l'inclusione a livello umano continua a scarseggiare nei luoghi di lavoro dato che il 30% degli intervistati ha affermato che le persone hanno fatto ipotesi negative sulla propria competenza nell'ultimo anno; oltre un quarto è stato scavalcato per una promozione; e il 41% ha subito microaggressioni, molestie o bullismo sul lavoro nell'ultimo anno.

"Nonostante le aziende siano più consapevoli dell'importanza dell'inclusione della disabilità, questo importante sondaggio mostra che c'è ancora molto da fare", afferma Emma Codd, Deloitte Global Chief Diversity, Equity, and Inclusion Officer. "Sebbene vediamo alti livelli di divulgazione sul posto di lavoro, questo si accompagna a preoccupazioni sulle percezioni negative quando si tratta di richiedere sistemazioni sul posto di lavoro, eventi lavorativi non accessibili ed esperienze di comportamenti non inclusivi. Tutti questi fattori si combinano per creare un divario di accesso che dovrebbe essere affrontato".

Disabili e lavoro, la situazione italiana

Deloitte ha lavorato su un quadro globale per capire come le aziende si stanno muovendo in tema di inclusione e i risultati sembrano non essere particolarmente positivi, anzi, di lavoro da fare ce n’è ancora molto. 

Lo stesso vale anche per l’Italia, come evidenziato da uno studio realizzato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro su dati Istat. 

Secondo i dati nel 2021, su una popolazione di circa 3 milioni di persone con limitazioni gravi, nella fascia d’età 15-64 anni, risulta essere occupato solo il 32,5%, contro un valore del 58,9% tra le persone senza limitazioni. Risulta poi molto elevata (20%) la percentuale di persone in cerca di occupazione, sensibilmente superiore a quella della popolazione che non presenta alcuna forma di disabilità (11,3%). 

Nonostante i dati siano sicuramente preoccupanti, va anche evidenziato che qualche passo avanti è stato fatto, in particolare in riferimento a un incremento significativo della propensione delle persone con disabilità a presentarsi sul mercato del lavoro. Se nel 2011 a cercare o avere un'occupazione era solo il 40,2% delle persone disabili, nel 2021 il dato ha superato la metà arrivando al 52,5%. Questo è un segnale positivo che dimostra una maggiore fiducia nella prospettiva di trovare un’occupazione e conseguente disponibilità al lavoro. 

Infine l’indagine ha anche evidenziato che tra gli occupati che presentano limitazioni gravi, il 14,3% si dichiara molto soddisfatto del proprio lavoro (tra quanti non hanno limitazioni la percentuale è del 17,7%) mentre il 30,6% afferma di esserlo poco (22,2%) o per nulla (8,4%). Tra quanti non presentano limitazioni, la percentuale di insoddisfatti è, invece, del 18,4%.


 


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