La quarta edizione del Global ESG Monitor di SEC Newgate non lascia dubbi: i cittadini si aspettano di più dalle imprese in termini di sostenibilità. Secondo i dati della ricerca, condotta su oltre 14.000 persone provenienti da 14 Paesi diversi, infatti il 54% dei rispondenti a livello globale (56% per l’Italia) si aspetta molto di più dalle grandi aziende in riferimento ai temi ESG. Dato che scende al 37% (sia a livello mondiale che italiano) se si fa riferimento alle PMI.
Sostenibilità e imprese: i dati del Global ESG Monitor 2024 di Sec Newgate
Attese, quelle sopra accennate, che vanno di pari passo con giudizi decisamente severi dove solo la metà degli intervistati ha assegnato valutazioni pari o superiori a 7/10 (rispettivamente 53% e 54% a livello globale, 49% e 55% in Italia). La valutazione sale leggermente per le piccole e medie imprese, ma solo a livello globale (58%), mentre in Italia il dato delle PMI è in linea con le grandi aziende (54%).
Il motivo di giudizi severi in risposta ad aspettative così alte verso dipende dalla convinzione da parte dei cittadini (73% nel mondo, 72% in Italia) che il raggiungimento di buoni risultati in ambito ESG non vada a discapito della redditività e che (78% nel mondo e 77% in Italia) le aziende devono agire nell'interesse di tutti gli stakeholder, non solo degli azionisti.
La sfida della comunicazione ESG
Una delle carenze maggiori delle aziende sembra essere la comunicazione, spesso assente o mal eseguita in riferimento ai temi ESG. Secondo i dati infatti il 73% a livello globale e il 72% in Italia sostiene che le aziende dovrebbero comunicare più chiaramente ciò che stanno facendo per migliorare le proprie prestazioni dal punto di vista ambientale, sociale e di governance. Va sottolineato però che saper comunicare non basta, bisogna farlo bene e in totale trasparenza dato che lo scetticismo è ancora alto tanto che oltre il 44% degli intervistati nel mondo (il 40% in Italia) ha dichiarato di non fidarsi di ciò che le aziende dicono sulle loro attività o performance ESG.
“Questi dati rilevati dal nostro Global ESG Monitor – ha dichiarato Fiorenzo Tagliabue, Group CEO di SEC Newgate – mostrano quanto ancora c’è da fare nella comunicazione d’impresa e nel rapporto di fiducia con gli stakeholder. La conformità agli standard di rendicontazione ESG è solo un punto di partenza, garantisce che le organizzazioni soddisfino i requisiti normativi, ma non è sinonimo di eccellenza o di un piano ambizioso che generi impatto positivo. È dunque necessario un approccio ponderato per superare lo scetticismo, che in alcuni diventa addirittura diffidenza verso ciò che le imprese dichiarano in materia di ESG, anche perché ritengono che le aziende impegnate in iniziative sostenibili siano troppo orientate politicamente. Le organizzazioni sono sottoposte a un attento esame sulle questioni ESG, tuttavia devono anche agire in modo ambizioso e trasparente su piani e risultati raggiunti per evitare rischi reputazionali significativi”.
Va detto però, che la conoscenza del termine ESG è ancora molto indietro salvo per alcuni Paesi come Hong Kong, Singapore ed Emirati Arabi Uniti. In Italia, per esempio, la percentuale di persone con una buona comprensione del termine ESG si ferma al 17%. Tuttavia, l’importanza assegnata ai temi legati alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance rimane elevata: il 78% degli intervistati afferma di essere interessato a questi temi (-4% rispetto al 2023), con un livello medio di interesse pari a 7,6/10. Un valore più alto anche della media globale pari al 7,2.
“Si tratta di una conferma dell’importanza della sostenibilità nell’agenda della società italiana, a cui istituzioni e imprese sono chiamate a rispondere in maniera decisa”, ha commentato Paola Ambrosino, AD di SEC Newgate Italia.
Ai mercati piace sostenibile
Infine, il Global ESG Monitor 2024, ha anche valutato la propensione a investire su una specifica impresa. Il risultato è che oltre quattro investitori italiani su 10, circa il 42%, disinvestirebbero se dovessero venire a conoscenza che l’impresa della quale detengono le azioni ha avuto comportamenti non etici. Sebbene il dato sia inferiore alla media mondiale, pari al 49%, posiziona comunque l’investitore italiano al terzo posto per sensibilità in Europa, sul tema dopo Grecia (52%) e Regno Unito (46%), e sopra paesi come Polonia (40%), Spagna e Francia (37%) e Germania (34%).