Il percorso verso una sostenibilità del retail italiano appare ancora caratterizzato da alti e bassi. La necessità di accelerare la transizione verso un retail sostenibile è sempre più evidente.
A cercare di delineare un quadro più preciso dell’attuale situazione è la seconda edizione del Retail ESG Pulse-Check Italia 2024, realizzato da Bain & Company. L'indagine, nello specifico, ha analizzato i bilanci di sostenibilità pubblicati entro novembre dai principali operatori di diversi settori, confrontando 28 KPI suddivisi tra l’analisi della situazione attuale e gli obiettivi futuri.
Retail sostenibile: a che punto siamo in Italia
A pochi mesi dalla pubblicazione delle prime dichiarazioni non finanziarie obbligatorie (CSRD) per le società quotate, e a un anno dall’obbligo di rendicontazione per tutte le aziende sopra i 50 milioni di euro, il primo dato che emerge è inerente la Disclosure volontaria ESG ossia la divulgazione volontaria di informazioni, pratiche e performance relativa ai temi della sostenibilità. Se nel 2022 a trasmettere queste informazioni erano il 43% delle aziende del retail, nel 2024 la percentuale è scesa al 41%.
Ovviamente la situazione varia da settore a settore con alcuni che stanno lavorando di più sulle tematiche sostenibili e altri che sono invece particolarmente indietro.
A spiccare nel retail sostenibile sono gli ambiti legati all'arredamento, drugstore e profumerie che si sono distinti per la loro visione strategica e per l’approccio avanzato nelle pratiche sostenibili. Ad arretrare, invece, sono i settori dell’elettronica (37% nel 2022 vs. 33% 2024), abbigliamento e calzature (28% nel 2022 vs. 21% 2024) e dei libri (14% nel 2022 vs 11% 2024), mentre la ristorazione e l’abbigliamento restano fermi in una posizione intermedia. A rimanere più indietro di tutti però è la grande distribuzione organizzata (GDO) specie in riferimento ai temi ambientali e legati alle persone.
Mancanza di obiettivi concreti e misurabili, la grande sfida del retail in Italia
Lo studio di Bain & Company ha evidenziato come una buona parte delle aziende non accompagni i propri sforzi con target numerici definiti. E’ bene ricordare che l’assenza di obiettivi concreti e misurabili rende difficile per l'azienda monitorare e di conseguenza comunicare, i propri progressi, cosa che va a discapito della fiducia di stakeholder e consumatori.
Questo ovviamente non vale per tutti gli ambiti dato che ci sono temi molto sentiti e nei quali le imprese si stanno ponendo obiettivi reali, come l'energia rinnovabile (81%), il packaging compostabile (75%) e le iniziative sulla biodiversità (78%). A risentirne di più sembrano essere invece i temi relativi alla sostenibilità sociale e in particolare: le quote rosa tra i livelli alti dell'azienda (41%) o nel CdA (28%) e il divario retributivo (31%).
Retail sostenibile in Italia vs estero
Un altro dato significativo riguarda la differenza di maturità tra i retailer italiani e quelli appartenenti a gruppi esteri. Le aziende italiane, pur avendo avviato la transizione verso la sostenibilità, non sono ancora al passo con i modelli di sostenibilità adottati dai gruppi internazionali, che si sono impegnati a integrare l’ESG in modo più strutturato. Questo gap tra operatori italiani e internazionali suggerisce la necessità per le aziende locali di adottare un approccio più ambizioso e integrato. Le best practices adottate dai retailer esteri, che vedono nell’ESG una leva strategica per la competitività a lungo termine, devono dunque essere per l’Italia un modello da seguire.
"L’ESG non è solo una responsabilità, ma un’opportunità per creare valore competitivo," ha affermato Matteo Capellini, Partner di Bain & Company. "I retailer che riusciranno a migliorare trasparenza e ambizione, soprattutto in aree come la decarbonizzazione e l’equità di genere, saranno meglio posizionati per affrontare le sfide di un mercato in rapida evoluzione".