Buone pratiche per migliorare il benessere dei dipendenti, un percorso in 6 step

Un piano d’azione essenziale ed efficace per migliorare il benessere dei dipendenti e aumentare la competitività aziendale

Di Arianna De Felice

Buone Pratiche - Pubblicato il 19-02-2025

Mentre la sindrome di burnout si diffonde negli ambienti di lavoro, dall'altro lato la ricerca Thriving workplaces: How employers can improve productivity and change lives, realizzata dal McKinsey Health Institute in collaborazione con il World Economic Forum, rivela che una migliore salute e benessere dei dipendenti potrebbe generare fino a 11,7 trilioni di dollari di valore economico globale.

Come possono allora le aziende riuscire a migliorarsi? Ecco alcune buone pratiche da McKinsey Health Institute e WEF.

Quanto incide sulle aziende la salute e il benessere dei dipendenti

Secondo lo studio, condotto su oltre 30.000 lavoratori di tutto il mondo, solo il 57% ha dichiarato di godere di una buona salute in senso olistico, con importanti differenze a seconda di settori di occupazione e situazione demografica. Ad esempio, i dipendenti che sono donne, LGBTQI+, giovani o neurodivergenti, o che segnalano livelli di istruzione inferiori o una cattiva situazione finanziaria, tendevano a segnalare risultati peggiori in termini di salute rispetto agli altri gruppi presenti nel sondaggio. 

A livello generale è incoraggiante che solo nel 10% dei 35 settori esaminati più di un terzo dei dipendenti ha segnalato sintomi di burnout. In due terzi dei settori, tuttavia, più del 20% dei dipendenti ha dichiarato di essere esausto.

Andando a vedere nel dettaglio i dipendenti hanno segnalato tassi più elevati di sintomi di burnout e tassi più bassi di salute olistica soprattutto in cinque settori: contabilità, commercio al dettaglio, agricoltura/silvicoltura/pesca/allevamento, spedizioni/distribuzione e arte/media/intrattenimento/tempo libero. Al contrario, i settori che hanno segnalato una buona salute olistica e bassi sintomi di burnout includevano risorse umane, edilizia, servizi amministrativi e di supporto, istruzione e ingegneria/architettura.

"Sappiamo che investire nella salute dei dipendenti fa una differenza tangibile", ha affermato Shail Thaker, autore del report e Senior Partner presso McKinsey & Company. "Il ritorno sull'investimento è dimostrato dai miglioramenti nella produttività, nell'assenteismo e nella fidelizzazione". 

Ciò è particolarmente importante per la generazione dei più giovani, quelli nati tra il 1996 e il 2010 anche detti della Generazione Z. Un sondaggio condotto dal McKinsey Health Institute su oltre 42.000 intervistati ha rilevato infatti che almeno un terzo di loro prende in considerazione le risorse per la salute fisica, mentale, sociale e spirituale quando sceglie un datore di lavoro.

Va sottolineato poi che le azioni dei datori di lavoro verso il benessere delle persone sono sempre più visibili agli stakeholder. Piattaforme come Glassdoor, Indeed, Fishbowl e Reddit infatti offrono ai dipendenti approfondimenti su come le organizzazioni trattano i dipendenti e supportano il loro benessere, influenzando potenzialmente le decisioni di reclutamenti, clienti e investitori.

Le buone pratiche per il benessere dei dipendenti

Non esiste ovviamente un manuale d'istruzioni universale, dato che ogni organizzazione è diversa e i dipendenti hanno esigenze diverse, ma ci sono sei principi evergreen che possono essere applicati dalle imprese per cercare di migliorarsi per il benessere non solo del singolo dipendente ma dell'azienda stessa.

Il primo passo è valutare lo stato di salute iniziale dei dipendenti attraverso, per esempio, dei sondaggi. Diventa essenziale, inoltre, comprendere il valore potenziale della revisione della strategia della forza lavoro e i rischi legati all’inazione.

Una volta ottenute queste informazioni si può cominciare a sviluppare iniziative per una forza lavoro sana e sostenibile. Le iniziative a breve termine possono fornire benefici immediati, ma il vero cambiamento avviene con una pianificazione di più lunga durata che include comportamenti di leadership definiti e strumenti efficaci. Questo deve essere accompagnato da una visione chiara degli obiettivi aziendali, per garantire un approccio mirato e allineato alla strategia complessiva dell’organizzazione. Infine l’approccio deve essere supportato dal consiglio di amministrazione mentre i team operativi devono avere autonomia affinché possano sviluppare interventi allineati agli obiettivi generali.

Non bisogna dimenticare infatti che il cambiamento reale parte proprio dal vertice con i dirigenti che devono considerare la salute e il benessere dei dipendenti una priorità strategica. Per far sì che ciò avvenga è utile nominare uno sponsor all’interno del team esecutivo e un rappresentante del consiglio di amministrazione. Questo ruolo non deve necessariamente essere ricoperto dal responsabile delle risorse umane o dal direttore medico, anzi può essere molto efficace se un altro dirigente assume questa funzione.

Una volta studiata una strategia è bene avviare dei programmi pilota per sperimentare, perfezionare e garantire che solo gli interventi più efficaci vengano ampliati. Per farlo si parte solitamente da iniziative semplici e mirate a bisogni immediati, per generare slancio e creare un impatto duraturo.

Per controllare il successo di queste iniziative bisogna identificare dai tre ai cinque KPI e tenerli monitorati. Una volta definiti, i risultati che emergeranno saranno usati per orientare la strategia, decidendo sulla base di essi se interrompere, reindirizzare o ampliare gli interventi.

L'ultimo step consiste nel riuscire a integrare la salute dei dipendenti nella cultura aziendale. Questo cambiamento culturale richiede un impegno continuo, valutazioni regolari e interventi flessibili per adattarsi alle necessità emergenti. Un approccio strutturato può aiutare a superare eventuali ostacoli come le preoccupazioni sulla privacy o lo stigma legato alla salute mentale.

 

 


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