Allungare il ciclo di vita di apparecchiature elettroniche? Con Reware è possibile. Per chi ancora non la conoscesse, Reware è una cooperativa e impresa sociale romana che eroga servizi informatici volti all’allungamento del ciclo di vita dei sistemi elettronici.
Nicolas Denis, presidente della cooperativa ci racconta come sia nata questa realtà di economia circolare. La loro mission, infatti, è di limitare quanto più possibile l’impatto ambientale tramite la produzione di rifiuti elettronici.
Il loro lavoro consiste nel reperire e acquistare le macchine, verificarne la funzionalità, effettuare controlli approfonditi tramite un’attenta analisi, potenziare i computer con dischi SSD e ram nuove, e infine commercializzare il prodotto. Tutto ciò è possibile grazie anche a diversi progetti di cooperazione e solidarietà nazionale e internazionale.
“Abbiamo iniziato questo tipo di attività negli anni ‘90, collaborando con organizzazioni di volontariato come l’associazione Binario Etico che poi, nel 2005, è diventata Cooperativa. Da volontari riuscivamo a fare 50 computer all’anno nei ritagli di tempo, ma volevamo aumentare l’impatto della nostra attività” dice il presidente.
Nel 2007, con la Cooperativa Binario Etico, hanno aperto il negozio/laboratorio Trashop che, nel 2013 è diventata l’Officina Informatica dello spin off Reware, creato dai tre soci di Binario Etico che si occupavano del negozio.
Oggi Reware coinvolge 7 soci e rigenera circa 5.000 computer ogni anno. La Cooperativa attuale è riconosciuta come Impresa Sociale nel quadro della prevenzione ambientale. Da qui si spiega il focus ambientalista. Il loro obiettivo è quello di intercettare i computer prima che diventino rifiuti prematuri: vengono smontati, testati i componenti, cancellati i dati in modo sicuro e infine rigenerati.
Come si rigenera? “Mettendo dei dischi più veloci, componenti più nuovi, reinstallando il sistema operativo e facendo eventuali riparazioni presso la loro officina informatica” risponde Nicolas Denis spiegando che rigenerano solo PC in disuso ritirati da grandi aziende perché sono quelli che vengono cambiati subito (tra i 3 e i 5 anni) e hanno la possibilità di avere la vita allungata, raddoppiandola.
Semplici accorgimenti che permettono di dimezzare l’impatto ambientale perché più il computer rimane in vita e meno rifiuti in discarica si producono. “Recuperare è un termine generico. Vuol dire raccogliere, ma una volta raccolto purtroppo non tutto viene riciclato” dice il presidente della cooperativa romana.
Infatti, dei molti materiali che si trovano all’interno del PC non tutti possono essere riciclati perché sono molto costosi da processare, come ad esempio le componenti plastiche che contengono additivi chimici.
Una contraddizione che ci porta a riflettere, se si pensa che l’Italia è considerata ai primi posti per la raccolta differenziata dei rifiuti e il riciclo delle materie prime seconde, ma poi non ha criteri di qualità per queste materie e quindi rimangono invendute.
Purtroppo, il sistema di trattamento dei rifiuti elettronici italiano è in gran parte un fallimento. Attualmente in Italia si riesce a recuperare solo il 35% dell’immesso sul mercato, del quale si ricicla solo una parte.