Tra la fine di agosto e i primi giorni di settembre il Decreto legislativo relativo al recepimento della direttiva (UE) 2022/2464, la cosiddetta Corporate Sostenibility Reporting Directive (CSRD), è stato ufficialmente approvato dal Consiglio dei Ministri e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, seppur con qualche modifica.
Nello specifico sono state aggiunte nuove soglie di obbligo per le piccole medio imprese al fine di rendere più velocemente una PMI sostenibile. Il nuovo decreto stabilisce dunque che sono obbligate a presentare la rendicontazione di sostenibilità tutte le PMI quotate che contano tra 11 e 250 dipendenti (prima il limite partiva da 50), hanno un totale dell'attivo patrimoniale compreso tra 450.000 e 25.000.000 euro e ricavi netti delle vendite e delle prestazioni tra 900.000 e 50.000.000 euro. L'obbligo per loro partirà dal 1 gennaio 2026 con pubblicazione nel 2027.
Diventa dunque fondamentale, ora più che mai, per le PMI accelerare il loro percorso verso la sostenibilità. Per farlo ecco cinque buone pratiche da seguire.
5 buone pratiche da seguire per diventare una PMI sostenibile
A cercare di aiutare le PMI nel loro viaggio verso la sostenibilità c'è un recente documento pubblicato dall'Accountancy Europe, l’associazione che riunisce le professioni economico-contabili europee, dal titolo “5-step Starting Guide per la transizione delle PMI verso la sostenibilità”. Nello specifico il documento si concentra sui primissimi cinque passi che le PMI dovrebbero fare per diventare sostenibili. È importante sottolineare che non esiste una “sequenza” particolare per intraprendere tali passi, poiché ciò dipende dalle condizioni dell’azienda e dal livello di “maturità della sostenibilità” della stessa.
Si parte dal rivolgersi a esperti, colleghi, punti di informazione o stakeholder che possono aiutare e sostenere le piccole imprese nel loro viaggio green. Questo primo passo potrà aiutarle a comprendere meglio: come e perché la sostenibilità avrà un impatto sulla resilienza dell’azienda e perché l'inerzia non è un'opzione praticabile; quali questioni di sostenibilità gli stakeholder esterni, ma anche partner della filiera e, non ultima, la società nel suo complesso, reputano cruciali per l’impresa; come il modello di business influisce sull'ambiente circostante e sulla società, e in che modo le PMI possono avvalersi al meglio delle competenze degli esperti e dei punti di informazione.
Dopo aver familiarizzato con i principali argomenti di sostenibilità, l'imprenditore dovrebbe sviluppare una visione integrata (integrated thinking) dell’attività della propria azienda, combinando la sostenibilità con gli aspetti economico-finanziari “convenzionali”. Nello specifico dovrebbe soffermarsi a riflettere sui temi ESG in riferimento al settore economico in cui opera e al modello aziendale impostato e le modalità in cui l'azienda intende muoversi nel mondo della sostenibilità analizzando anche rischi e opportunità connessi alle tematiche ESG identificate. In questo modo le PMI potrebbero sviluppare una prima complessiva strategia e visione di Corporate Social Responsibility (CSR).
Molto spesso le PMI dispongono già di informazioni sulla sostenibilità, anche se non lo sanno. Una delle prime attività, dunque, dovrebbe essere quella di mappare e attribuire priorità a questi dati di cui sono già in possesso andando dunque a identificare quali sono le informazioni mancanti e attivarsi per reperirle. Tra le informazioni che potrebbero avere vi sono, per esempio: i consumi di gas ed elettricità; materiali presenti nei prodotti o nel packaging; uso e consumo di acqua; gestione dei rifiuti e del riciclo; diversità di genere e politiche di remunerazione.
Se la raccolta di informazioni sulla propria attività risulta essenziale, altrettanto importante è conoscere la catena del valore in cui una PMI opera in modo che possa essere consapevole dei potenziali rischi. È qui che nasce una nuova attività di mappatura dei fornitori chiave e, se ritenuto opportuno, anche dei clienti. Nel farla le PMI dovrebbero considerare diversi aspetti tra i quali anche: fornitori provenienti da Paesi in conflitto, soggetti a sanzioni o situati in luoghi politicamente instabili; informativa ESG dei fornitori; eventuali fornitori che operano in settori ad alto rischio ambientale come minerario chimico e petrolifero; l'eccessiva dipendenza verso un gruppo ristretto di fornitori. Una volta messi in evidenza questi aspetti le PMI dovrebbero contattare i principali fornitori e cercare di capire come si può migliorare dal punto di vista della sostenibilità.
Infine, l'ultimo consiglio, è quello di sviluppare obiettivi realistici e KPI per capire se si può considerare una PMI sostenibile che dovranno essere monitorati nel tempo.