L’economia circolare pronta a rivoluzionare l’industria di moda: con Dresso i retailer guadagnano dal mercato second hand

Il social marketplace fondato in Toscana da Enrico Pietrelli, Albano Scavo e Matteo Tugliani – e basato su tecnologia blockchain brevettata– consente la compravendita di capi e accessori luxury, nuovi e usati, con importanti benefici per la sostenibilità ambientale ed economica

Di Valentina Cinnirella

Company - Pubblicato il 01-07-2024

«È un’idea talmente semplice e “smart” che sicuramente qualcuno nel mondo l’ha già implementata». Se la sono sentita ripetere più e più volte questa frase, Enrico Pietrelli, Albano Scavo e Matteo Tugliani, durante le presentazioni del loro progetto imprenditoriale che incoraggia concretamente l’economia circolare nell’amato settore italiano della moda. In realtà, talmente semplice e smart che nessuno prima d’allora aveva davvero pensato di brevettarla quest’idea. Ci hanno pensato loro – questi tre soci italiani esperti di fashion e digital – nel 2021, registrando la tecnologia basata su blockchain che oggi rende possibile la “rivoluzione” di Dresso, il social marketplace che permette di scambiare capi e accessori di moda di fascia medio-alta tracciando l’intero ciclo di vita dei prodotti.

L’aspetto rivoluzionario è dovuto al fatto che tramite Dresso l’economia circolare nel mondo dell’industria della moda diventa un’opportunità redditizia per l’intera filiera – dal retailer al consumatore – e non una minaccia alla produzione, come finora è stato avvertito il fenomeno del "second hand".

Una blockchain per incentivare il circular fashion

Partiamo proprio dai problemi di sostenibilità ambientale dell’industria fashion per capire la portata della soluzione firmata – ma forse è il caso di scrivere "griffata" – Dresso. L’inquinamento ambientale causato dalla super produzione del fast fashion, e nell’ultimo decennio dell’ultra fast fashion, è accertato e sotto gli occhi di tutti, aggravato anche da risvolti sociali negativi come lo sfruttamento di manodopera. Un modello di business chiaramente in pericolosa controtendenza rispetto all’emergenza globale di tutelare il pianeta e il suo ecosistema.

L’unica soluzione reale al problema è produrre molti meno capi, ma l’unico modo per produrre meno capi in maniera davvero sostenibile sarebbe non produrne affatto. Un quadro irrealizzabile.  

L’alternativa concreta dunque è senza dubbio nel prodotto di seconda mano in buone condizioni che viene rivenduto, da chi non lo usa più a chi intende riutilizzarlo. Una buona prassi che ha fatto il successo della digitalizzazione del "mercato dell’usato", oggi vero e proprio punto di forza del commercio on line, sempre più frequentato dai consumatori ma di certo non remunerativo per l’industria della moda. Un "ma" da non sottovalutare, perché i brand e i retailer – proprio perché non ricevono vantaggi tangibili dalla rivendita dei loro prodotti – non sono così incentivati ad adattare il sistema moda all'economia circolare. Da qui l’intuizione di Dresso: e se il retailer o il negozio che effettua la prima vendita avesse un margine di guadagno ogni volta che il prodotto viene scambiato?

L’innovazione del second hand che produce vantaggi al sistema moda  

«Lavorando come direttore operativo per diversi marchi d’abbigliamento – ci racconta il CEO di Dresso Enrico Pietrelli – ho sperimentato negli anni il tracciamento dei prodotti per tutta la supply chain, allo scopo di efficientare le scorte e gli approvvigionamenti di prodotti. Fin quando mi sono chiesto: perché fermare il monitoraggio alla prima vendita, quella tradizionale in negozio? Estendendo la tracciabilità dei capi anche al mercato del second hand, non solo sarebbe stato possibile garantirne l’originalità e la provenienza, superando una criticità importante dei prodotti usati, ma sarebbe stato fattibile anche riconoscere una revenue, una commissione, al retailer venditore. Il second hand, cioè, poteva avere finalmente una possibilità di diventare vantaggioso anche per la filiera industriale».

Come funziona il marketplace di Dresso?

«Il capo d’abbigliamento scambiato tramite Dresso – continua Pietrelli – viene dotato di un certificato digitale che, grazie al sistema blockchain, attesta tutte le volte che il prodotto viene rivenduto nel nostro social marketplace, per cui ogni volta che viene venduto riconosciamo al negozio affiliato il 5% di commissione, in maniera diretta, cioè senza bisogno che lo stesso negozio faccia richiesta o altro». 

Facciamo un esempio concreto: un luxury brand di moda vende sul marketplace di Dresso una borsa in pelle ad un’acquirente di nome Simona. Dopo un anno Simona decide di cambiare borsa e di rivendere quella in pelle a una nuova acquirente, sempre su Dresso. La nuova acquirente qualche tempo dopo rivende la stessa borsa in pelle a un utente di Dresso che desidera fare un regalo alla propria fidanzata, da tempo alla ricerca proprio di quell’accessorio di tendenza. E così via per l’intero ciclo di vita del prodotto. Ad ogni passaggio di proprietà successivo alla prima vendita, cioè quella a Simona, il luxury brand di moda riceve una revenue economica del 5%.

«Ci sono tipologie di prodotti che vengono scambiati meno, come le scarpe – ci spiega Pietrelli – altre invece sono meno soggette all’usura o sono più funzionali allo scambio. Le borse, ad esempio, vengono scambiate anche fino a 30/40 volte, per cui è possibile per il brand guadagnare il doppio con un solo prodotto. Di fatto i margini di ricavo per i retailer affiliati sono netti e per nulla irrisori, considerando che nell’ambito degli scambi second hand non viene richiesta loro alcuna azione. È una sorta di win-win situation in cui tutti riescono a guadagnarci: l’acquirente è sicuro di ricevere un prodotto originale, autenticato, di cui conosce tutta la storia commerciale grazie alla tracciabilità del prodotto; i brand venditori per la prima volta sono protagonisti del mercato secondario traendo guadagni reali. Più un capo vive a lungo, più tutti ne traggono giovamento, a partire dal pianeta».  

First hand e Second hand insieme per la sostenibilità ambientale ed economica  

La community di Dresso quindi ha la possibilità di acquistare capi dei migliori brand di moda sia nuovi che usati: «Cerchiamo sempre di iniziare la tracciabilità dal prodotto nuovo – continua il CEO – Non vogliamo essere un'azienda che commercializza solo il prodotto usato. Non possiamo e non vogliamo spegnere la produzione del nuovo, tutt’altro, il nostro obiettivo è stimolare le aziende a produrre nuovamente capi che abbiano un ciclo di vita lungo, perché – come dimostrato – dal ciclo di vita lungo tutti possono guadagnare. Negli ultimi anni l’industria della moda vive una criticità paradossale: più lunga è la vita del prodotto, meno le aziende guadagnano. Accorciando la vita dei prodotti si generano più vendite ma a discapito della qualità e dell’ambiente. La missione di Dresso invece è spronare le aziende a un ritorno alla qualità che dura a lungo, e che proprio per questo consente di generare guadagni nel second hand». Ecco il cambio di paradigma che rende rivoluzionaria l’idea di Dresso, ma la sua carica innovativa non si ferma qui.

Una piattaforma offer-based dinamica

Rispetto agli altri marketplace dell’usato, Dresso e la sua tecnologia di blockchain sono basati sulla domanda di prodotto. Cosa significa? «Nelle altre piattaforme di compravendita – spiego Enrico Pietrelli – l’utente che vuole vendere un prodotto che non utilizza più inserisce nel proprio profilo le fotografie, la valutazione economica, le informazioni utili e attende che ci sia qualcuno interessato ad acquistare. Dresso funziona diversamente: noi mostriamo agli utenti i prodotti presenti nei negozi convenzionati o nei guardaroba privati della community. Chi è interessato a questo o a quell’altro capo d’abbigliamento o accessorio fa la propria domanda: se lo desidera nuovo o usato, la taglia richiesta, la cifra che è disposto a spendere. Dresso incrocia questa domanda con le disponibilità nei magazzini dei negozi o nei profili degli utenti privati. Quindi non è più una transazione one-to-one, perché l’utente ha la possibilità di far arrivare la propria richiesta a tutti colori che hanno quel determinato prodotto in guardaroba, nuovo o usato a seconda della preferenza».  

Questo sistema ha un enorme vantaggio in termini di economia circolare perché sollecita il mercato, come fa notare sempre Pietrelli: «Succede che, ricevendo le offerte di potenziali acquirenti disposti a pagare il tuo prodotto una certa cifra, tu utente che fino a quel momento non eri interessato a rivedere potrai poi, ad un certo punto, trovare più conveniente vendere quel capo piuttosto che tenerlo».

Una user experience volutamente “social” 

I founder di Dresso: Matteo Tugliani, Enrico Pietrelli e Albano Scavo

Dresso - che ha sede a Firenze - è in fase di espansione commerciale, sia dal lato utenti con una user-base che supera già i 40mila iscritti, sia dal lato B2B con il numero di negozi convenzionati. Cresce anche il numero di prodotti e relativi certificati caricati nei guardaroba digitali. «Abbiamo lavorato moltissimo affinché la nostra applicazione avesse un forte appeal per la community – spiega Pietrelli – Per noi era fondamentale garantire una user experience positiva, ecco perché Dresso ha un aspetto grafico e funzionale molto “social”. È possibile condividere il proprio guardaroba, scrivere commenti, mettere like, salvare outfit da rivedere. Questo sforzo è stato ripagato perché oggi abbiamo una community molto attiva durante tutto l’anno con un tasso di customer retention del 62%, cioè 62 iscritti su 100 rientrano in piattaforma il mese successivo. Un percentuale altissima per essere un marketplace, e che difficilmente un e-commerce d’abbigliamento riesce a raggiungere».

Un input importante per l'intero mercato dell'usato 

«È un’idea talmente semplice e "smart"» che in effetti i tre founder di Dresso – oltre al CEO Pietrelli, il CPO Albano Scavo e l’Head of Business Development Matteo Tugliani – si sono stupiti del fatto che un simile modello di business non fosse stato applicato nemmeno in altri settori. «Il modello Dresso – conclude Pietrelli – potrebbe essere espanso a qualsiasi tipo di categoria merceologica che abbia un valore nel mercato dell'usato: macchine, orologi, abbigliamento sportivo, attrezzature, ecc. Per qualsiasi cosa che viene scambiata nel mercato secondario è possibile applicare il modello di riconoscibilità del primo venditore a cui vengono riconosciute le commissioni». Un input significativo per chi intende innovare in questi mercati.


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