Manifattura e tessile sono, da sempre, il “Made in Italy”. Nel nostro Paese, questo comparto è considerato il secondo più importante a livello nazionale, con circa 55.000 piccole e medie imprese per un totale di 309.000 addetti diretti. La pandemia ha colpito duro in questi ultimi due anni, segnando uno “stop and restart” che in questo settore ha significato un -23% solo nel 2020. Se la crisi ancora interessa sia i distretti tessili che tutto l'indotto, da un altro lato ci sono una serie di aziende, PMI e startup che ogni giorno lavorano per digitalizzare sempre di più il settore, al fine di rendere l'intera filiera più sostenibile.
Il settore tessile può essere davvero sostenibile?
Innovazione, circolarità, second hand sono, oggi, priorità per le aziende che lavorano nella moda: un settore dove portare l'innovazione non è facile. “È molto difficile cambiare un sistema così avanzato per trasformarlo in uno sostenibile perché da parte delle aziende ci vuole la volontà di cambiare la cultura aziendale e il proprio modello di business, e non è mai facile operare cambiamenti così grandi – ha spiegato Orsola De Castro, cofondatrice di Fashion Revolution, ad e-P Summit a Firenze – Durante la pandemia siamo passati allo spazio phygital, che unisce il negozio fisico a quello online, ma c’è ancora tanta strada da fare. In questo nuovo mondo che guarda alla sostenibilità, il consumatore vuole sapere chi, dove, come è stato fatto quel capo e se è sostenibile, verso una nuova concezione che dà, prima di tutto, valore alle persone”.
Tra questi cambiamenti da mettere in atto, da parte delle aziende, c'è quello di lavorare sul bisogno del consumatore e capire come gestire al meglio lo stock, essenziale per quantificare la variabilità in termini di disponibilità del prodotto. Secondo un sondaggio effettuato da UNIEURO, soltanto il 34% delle aziende del fashion, oggi, ha avviato processi di tracciabilità attivi.
Altro capitolo centrale nel settore tessile è quello dei contratti di lavoro. «Il consumatore ha capito che la moda è tra i settori più importanti del mondo, ma che è, comunque, il quinto per percentuale di schiavismo e, al contempo, il sesto al mondo nella creazione di posti di lavoro - ha spiegato Caterina Occhio, founder e CEO di SeeMe durante e-P Summit – E in questo senso, il “Made in Italy” deve tornare ad essere “made in dignity”».
IA, IoT, 5G, blockchain: le startup che digitalizzano il Made in Italy
Internet of Things; intelligenza artificiale; blockchain; 5G; realtà aumentata e virtuale: strumenti che oggi non si rendono soltanto utili, ma necessari al fine di operare quell'innovazione e quella digitalizzazione tanto richieste nella moda e nell'abbigliamento. “La progettazione 3D, ad esempio, è uno strumento importante per ridurre gli sprechi – ha spiegato Laura Del Noce, ICT e CAD Director di Pattern, ad E-P Summit– Noi, ad esempio abbiamo imparato a creare stampe già realizzate affinché si replichino solo i pezzi che, effettivamente, vanno tagliati. Le tecnologie a supporto sono sempre molte e i sistemi ERP aiutano nella riduzione dei costi, permettendo ai brand di lavorare, effettivamente, solo il tessuto necessario. La blockchain è la piattaforma principe, e, al momento, ci aiuta a capire quanto sprechiamo e quanto, invece, trasformiamo”.
Proprio di blockchain si occupa BINOOCLE, azienda di health/medical, business, industry 4.0 e manufacturing di Ravenna; che attraverso l’app Koone collega l’artificial intelligence al mondo reale, riconoscendo gli eventi, traducendoli in dati e creando automazione dentro e fuori l’IoT. Koone è in grado di riconoscere quello che è importante all’interno di una foto e, in questo modo, applica modelli di IA che si rivelano utili per le aziende. Nel comparto tessile, l’app Koone può essere applicata, ad esempio, per vigilare sui rifiuti; avvisando l’azienda se questi non sono correttamente allocati all’interno del cassonetto. Inoltre, grazie alla geolocalizzazione, permette di individuare la posizione di un qualsiasi oggetto che può essere inserito all’interno della blockchain, mostrandosi uno strumento efficace, ad esempio, per il controllo di qualità. Tramite IoT e telecamera, Koone riesce a certificare in maniera precisa dove si trova il difetto di un capo e permette di localizzare un framework nel tessile e nell’abbigliamento.
IPROD, di Pisa, è specializzata in manufacturing e cloud computing. “Permettiamo alle aziende di migrare nel cloud grazie a un software che accorpa il gestionale; gli acquisti; i sistemi di finanza; le collaborazioni; l’e-commerce, e schedula la produzione”, ha affermato Stefano Linari di iProd: un software che, tramite API, permette lo scambio e la condivisione di informazioni integrando tutto ciò che è già presente in Drive o in altri cloud. “Quando tutte le aziende presenti all’interno di una filiera sono su iProd, si possono attivare, ad esempio, delle condivisioni in tempo reale sullo stato di evasione di un ordine. Una catena che si può allungare all’infinito sulla disponibilità di tutti i supplier che conferiscono pezzi. Quasi 300 aziende già la utilizzano”.
NEXTOME, nata a Conversano (Bari) nel 2014 si occupa di retail, software, architecture & construction come software e IoT focalizzato sulla localizzazione indoor con algoritmi pensati per identificare cose e persone in real time. “Da anni siamo abituati a usufruire del dato della posizione outdoor, cosa che fino a qualche anno fa non era possibile perché il Gps non è così affidabile. Noi abbiamo sviluppato una tecnologia cross industry, con applicazioni soprattutto nei trasporti – spiega Fabio Ostuni di NEXTOME – E la abbiamo applicata al settore dell’industria e della manifattura, dove possiamo monitorare lo spostamento di oggetti all’interno dello spazio produttivo grazie all’asset tracking, al fine di aumentare la produttività aziendale. Disporre di un sistema di intelligence permette di ottimizzare il lavoro e ridefinire processi e percorrenze, con l’obiettivo di migliorare la produttività. Tutto questo è possibile grazie alla messa a punto di sensori open source che si gestiscono tramite l’app, per la localizzazione di persone ed oggetti in modo molto preciso; con possibilità di errore che oscilla soltanto tra uno e due metri”.
Anche HIMATEX, startup di manufacturing e retail di Firenze, aiuta il distretto tessile nella digitalizzazione e, in particolar modo, nel virtual fitting. “Himatex è uno strumento user friendly per il consumatore finale – spiega Antongiulio Pacenti di Himatex – che consiste nella scannerizzazione e virtualizzazione della persona. Partiamo da una scannerizzazione antropometrica, che si può effettuare sia da negozio che da remoto, per poter delineare il proprio avatar che, poi, va a interagire con il produttore facendo vedere, ad esempio, come casca addosso un tessuto. Una tecnologia che ha una distribuzione worldwide”.
Infine c'è PIKKART, che lavora nel campo della realtà aumentata. “Possiamo entrare nella filiera produttiva, sino alla vendita e post vendita – racconta Emanuele Avolio di Pikkart – Pikkart sovrappone contenuti digitali rispetto a quello che si sta visualizzando. Questa tecnologia risulta molto utile, ad esempio, nel contrasto alla contraffazione, con l’inserimento di informazioni univoche nascoste all’interno di un’immagine, al fine di acquisire le specifiche sull’oggetto che stiamo acquistando o commercializzando. Pikkart permette, poi, di decriptare il codice univoco nascosto e verificarne l’autenticità. Una tecnologia che può essere applicata su più materiali senza grosse necessità a livello di stampa e che è in grado di riconoscere non solo immagini ma anche oggetti, creando una rete neurale”.
Queste 5 aziende innovative sono, da poco, entrate a operare nel distretto tessile di Prato, che con quasi 43.000 addetti e 2.548 imprese tessili, rappresenta il 3% della produzione tessile europea. Numeri che non sarebbero possibili senza che l’innovazione faccia da driver ad uno dei settori che più sono stati colpiti dalla pandemia.