L’Italia si distingue come uno dei Paesi europei più virtuosi nella transizione verso un'economia circolare, trasformando la limitata disponibilità di risorse naturali sul territorio in un punto di forza.
A trainare la diffusione dell’economia circolare in Italia sono soprattutto le imprese che sono ormai ben consapevoli dei vantaggi economici, oltre che ambientali. Non è un caso dunque se il 42% delle aziende italiane (con una vasta adesione soprattutto dal Nord Italia) ha già adottato almeno una misura di economia circolare mentre un ulteriore 22% intende farlo in futuro. Ad affermarlo è “Economia circolare: una leva per la competitività delle imprese”, il brief degli analisti di Cassa Depositi e Prestiti (CDP).
I benefici dell’economia circolare per le imprese
Tra le pratiche di economia circolare più diffuse nelle imprese il riciclo e la re-immissione degli scarti nel proprio ciclo produttivo sono sicuramente al primo posto (60%). Questo succede soprattutto in mercati come quello degli imballaggi dove il riciclo applicato dalle aziende italiane supera la media europea, in anticipo rispetto agli obiettivi UE, ma in generale tutti i settori stanno cominciando a notare importanti benefici nel riciclo.
Il primo è sicuramente il più evidente, la diminuzione dei rifiuti nonché la minor necessità di materie prime, entrambe fattori che incidono sui costi: stando a CDP, infatti, nel 2024 l’adozione di pratiche circolari ha generato un risparmio, rispetto ai costi di produzione delle imprese manifatturiere, superiore a 16,4 miliardi di euro. Un dato importante ma che, con le giuste accortezze, potrebbe portare a un risparmio pari a 119 miliardi di euro entro il 2030. A confermarne i riscontri economici positivi è anche Cerved, citata nel rapporto, secondo la quale le imprese green vantano una maggiore generazione di cassa (+1,5 rispetto alle imprese tradizionali), un minore ricorso all'indebitamento (-6%) e una maggiore capacità di coprire i costi del debito (+24). Inoltre le imprese circolari possiedono un alto potenziale innovativo, poiché l'uso efficiente delle risorse, insieme alla gestione e trasformazione dei rifiuti, richiede continui sviluppi nei processi e nei prodotti. In questo ambito, l’Italia si distingue in Europa per il numero di brevetti registrati, posizionandosi al secondo posto dopo la Germania. Il Belpaese infatti vanta una crescita costante dal 2016, con un picco nel 2020, e con oltre 60 brevetti circolari registrati.
Le sfide da affrontare
Per far sì che questo trend positivo continui è però necessario adottare misure incisive in grado di orientare i finanziamenti verso modelli di produzione e consumo più sostenibili.
In termini di investimento nell'economia circolare infatti l'Italia è indietro rispetto ad altri Paesi europei quali Germania e Francia. Dietro al Belpaese resta solo la Spagna.
Le imprese italiane che investono nell'economia circolare effettuano soprattutto investimenti di piccoli importi (solitamente inferiore ai 50 mila euro) a cui si associano tempi di ritorno generalmente brevi. Questo avviene soprattutto per via della situazione dell'economia italiana e perché la struttura imprenditoriale è composta prevalentemente da piccole e micro imprese che hanno quindi limitate capacità di investimento.
Diventa quindi essenziale valorizzare il ruolo trainante delle PMI nella transizione verso un’economia circolare attraverso: un accesso più agevole agli investimenti in macchinari, tecnologie e beni intangibili; la finanza sostenibile per colmare i gap di investimento, attività in cui gli Istituti Nazionali di Promozione, con la loro visione a lungo termine, svolgono un ruolo centrale; e il coinvolgimento in eco-sistemi che consentono la collaborazione e lo scambio di pratiche e conoscenze.